CAPITOLO 四十七: PORNODOLCI
- Riccardo Mezzatesta
- 22 ott 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 27 ott 2022

Lo so già cosa mi direte: che devo trovarmi una bell'abruzzese (e non avreste torto). Però non riesco a non notare una certa tendenza "erotica" nei nomi dei dolci della zona.
Insomma, lo so che il significato è probabilmente quello di "bocconcino", ma provate a chiedere un Bocconotto fuori dall'Abruzzo, e ditemi se non pigliate uno schiaffo. Ne sarei molto sorpreso.
E come Castel Frentano è la "Patria del Bocconotto", come orgogliosamente dichiarato dal cartello stradale, Guardiagrele è dove nascono "Le sise delle monache" che vedete qua sopra. La metafora è inequivocabilmente sessuale: sono palesemente dei seni, con tanto di capezzolo; ma perché tre?
Su questo sta avvenendo una discussione a distanza tra Domenico, il mio esperto di cucina storico, e la simpatica barista col piercing al naso della piazza principale di Lanciano.
Domenico mi dice che la ragione si può riassumere nel seguente scambio.
"Ma perché sono tre?"
"Tu l'hai mai viste le sise delle monache?"
"No."
"Eh, ce n'hanno tre."
"Ma non è vero" protesta la barista "è perché le monache, per essere ancora meno femminili, si fasciavano il seno per appiattirlo, in diagonale. Questo creava un terzo bozzo al centro, che sembrava un terzo seno".
"Ma è assolutamente falso!" obietta Domenico, al pubbetto, quasi offeso. "Questa è la versione storica edulcorata."
"Ma mi sembra abbastanza storicamente fondata" obbietto " e non vedo come sia edulcorata. Sempre di tette di monache si parla."
"Guarda, è la versione edulcorata" mi dice "io sono di vicino a Guardiagrele. Vai a Guardiagrele e chiedi."
"Io SONO di Guardiagrele" mi dice la barista, servendomi una spremuta di arancio il sabato mattina. Questa risposta non l'ho ancora riportata a Domenico; vi terrò aggiornati.
Ci sono poi i 'celli pieni, ovvero letteralmente gli "uccelli ripieni", che vedete sotto, dolci ripieni di marmellata d'uva e con il vino (bianco o rosso) nell'impasto.

Qua l'origine del nome non è in realtà anatomica: la loro forma richiama degli uccelli chini su stessi, come a beccarsi la coda.
Ma allora perché la prima volta che li ho comprati e ho chiesto il nome la fornaia ha glissato ("No, sono solo dei dolci con marmellata d'uva")? Qualche tempo dopo, mentre scoprivo la cucina abruzzese, sono ripassato.
"Mi scusi, ma questi sono i 'celli pieni?"
Attimo di silenzio.
"Eh, sì." ha ammesso.
Ho lasciato il meglio per ultimo: le fregne.

Io non le ho ancora assaggiate, ma me le hanno descritte come una sorta di ciambelle fritte, con la possibilità di varie guarnizioni. Non si tratta di un dolce tradizionale (non ancora almeno: in fondo, tutto ciò che è tradizionale un tempo era nuovo) ma il frutto dell'inventiva di una casalinga di Orsogna, sempre provincia di Chieti. Casalinga che ne ha fatto un business. La vedete sotto, in tutta la sua eleganza (notare la maglietta):

Mi dicono che la signora mentre le prepara ci gioca parecchio sul nome (sempre con lo charme e la raffinatezza che immaginate), e i clienti pure.

Quindi sì, io mi devo senz'altro trovare una bella "abruzzessotta", come dice mia sorella.
Ma pure voi, però. Eh.
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