QUARANTA E QUATTRO: SEQUESTRO MATRIMONIALE
- Riccardo Mezzatesta
- 4 set 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 16 dic 2022
Quando la mia collega mi ha invitato al matrimonio, e io ho risposto immediatamente che sarei venuto, è sembrata sorpresa.
Segnale d'allarme numero uno.
Naturalmente, non colto.
Quando un'amica mi ha invitato ad una presentazione di un libro lo stesso giorno, e io ho detto "ho un matrimonio", lei non ha insistito. Non ha detto "vabbè hai il matrimonio la mattina, la presentazione è di sera!"
Segnale d'allarme numero due.
Non colto.
Perché nessuno mi aveva spiegato il matrimonio abruzzese. Nessuno mi aveva detto che comincia magari a mezzogiorno, e finisce a mezzanotte. Se hai fortuna.
Così quando alle 11.30 di mattina, in macchina con le mie colleghe, una dice "Oh speriamo che per le 10 (di sera, N.d.A.) riusciamo a mangiare la torta" quello è stato il segnale di allarme numero tre.
E questo porca miseria se l'ho colto.
Il matrimonio è ad Altino, e il nome dice tutto. Era alla chiesa di Altino, proprio in cima al borgo arroccato sulla collina con vista sulle montagne.
E quando arriviamo ci viene comunicato da un ragazzetto in maglietta arancione che il parcheggio è pieno.
Noi abbiamo dietro una colonna di macchine, e la collega che ci porta è in Jeep.
Il milanese che è in me, che non sopporta la disorganizzazione e la lentezza, vorrebbe scendere dalla Jeep, mettersi a fare il vigile urbano, e predisporre segnaletica di non salire che tanto non c'è parcheggio. Lo tengo buono, a stento.
Una decina di manovre e qualche insulto dopo la collega gira e inverte la direzione, mentre avvisiamo chi arriva che no, non c'è parcheggio. Noi troviamo un posticino lungo la salita, vicino ad una scavatrice (lavori in corso).
In Chiesa, curiosamente, non prendo fuoco, ma faccio la solita recita dell'ateo, per non dare nell'occhio: mi alzo quando bisogna alzarsi, mi siedo quando bisogna sedersi, mi alzo, mi siedo, tutto il tempo con una mano davanti alla bocca (come in posa pensosa) per nascondere che non sto pregando. Tutto inutile: allo "scambiatevi un segno di pace", porgo la mano alla collega che mi guarda stupita.
"Riccardo, da quanto tempo non vai in Chiesa?"
Scopro così che post COVID il segno di pace, forse l'unico pezzo della messa che mi piaceva, è diventato una sorta di ciao con la manina. Vabbè.
Nel frattempo vari, di chetichella, abbandonano la Chiesa per andare verso l'aperitivo. Mi scandalizzo: non si rimane fino a "andate, la messa è finita"!? Invece ce ne andiamo anche noi quando cominciano a leggere gli articoli del codice civile. Mah.
Dopo l'aperitivo andiamo al ristorante.
Posto bellissimo, con piscina e vista sui colli abruzzesi. Comincia bene, con assaggi di salumi e formaggi e pizze fritte, e dei toast di uova di quaglia con sopra un pochino di tartufo. Comincio a bere prosecco, ma cerco di contenermi nel mangiare.
Errore fatale.
Ci dicono di entrare, che sta per essere serviti il pranzo; ma mentono. Alle 3 non si è visto l'antipasto. Alle 5 non c'è ancora il primo. È un po' che non frequento matrimoni così WhatsAppo mia sorella, nel Viterbese: "È normale? È così anche da noi?"
Risposta di mia sorella:
"No. Se alle cinque non hai portato il primo scattano episodi di cannibalismo."
Il resto è una lentissima attesa del piatto successivo, che gestiamo con camminate tra gli ulivi, tazzine di caffè, chiacchiere, litri di Cerasuolo. Comincio a fare giardinaggio ai cespugli di rose, togliendo foglie morte e scoprendo un nido di api che non so se riportare ai gestori.
Nell'ora tra un pasto e l'altro gli intrattenitori e i musicisti si guadagnano il pane: si balla, si fanno giochi, si lancia il bouquet, lo sposo leva con i denti una giarrettiera alla sposa che lancerà tra i maschi.
Continuano a dirmi che qui è così, è normale. Ma una collega un po' anziana prende a male parole ad un cameriere che ci aveva chiesto se volevamo altro pane. "Ma che pane, il secondo addò sta?" chiede in Abruzzese.
Alla fine, verso il dolce, io e una mia collega scopriamo una scacchiera, e da lì il tempo non è più un problema. Entrambi scarsi ma pervertiti, ci lanciamo nel gioco. La scacchiera è palesemente ornamentale, perché il cavallo nero si apre in due quando cerco di muoverlo. Ci perdiamo il taglio della torta, i dolci (non è vero, scappo a recuperare un piattino mentre lei pensa alla prossima mossa). Quando arrivano le colleghe siamo messi così

Le colleghe hanno i coglioni (che non hanno) pieni, e vogliono andare a casa. Faccio una foto alla scacchiera, recupero la bomboniera (una pianta grassa di gran gusto) e torniamo verso casa. Il matrimonio nel frattempo sembra entrare nel vivo: balli, open bar, eccetera. Ma il mio passaggio sta andando, e, onestamente, non ho più le forze. Sono invecchiato, mi dico.
Tornato nella mia casa infestata, bevo una genziana in balcone, non fumo una sigaretta, e vado a letto.
Senza accorgermi che ho lasciato la bomboniera nella Jeep della collega.
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